N. 9
Incontrare Il
Sé che va avanti con la vita normale e le parti piccole del mio cliente.
Quando
lavoro con i miei clienti e mi raccontano di certi stati d’animo o certi pensieri, mi capita di volgere il mio sguardo in basso sul tappeto. Lo faccio
quasi senza rendermene conto…la mia immaginazione spontaneamente, si rivolge a
bambini e ragazzini che vedo in atteggiamento sofferente o di difesa: chi
accovacciato per terra, chi in cerca di una via di fuga, chi visibilmente scocciato e ostile.
Immagino al
fianco del mio cliente adulto i bambini che è stato tanti anni fa, quelli che sono rimasti
incagliati nel momento del trauma, bloccati nel loro terrore o nella vergogna
bruciante oppure nel tentativo rabbioso di difendersi. Sono loro i bambini che
Janina Fisher chiama “parti piccole”. Io assecondo la mia spontanea
immaginazione che me li fa vedere proprio davanti a me e stimolo il cliente a fare altrettanto, di usare la sua immaginazione perché questa è un processo fisiologico che
coinvolge e attiva molte aree del sistema nervoso. Immagino le parti piccole e
creo un contatto empatico con loro nella speranza che così facendo il mio
sistema nervoso si connetta con le aree del sistema nervoso del mio cliente che
corrispondono a quelle parti piccole, cioè alle sue memorie traumatiche.
Nel parlare,
mi rivolgo a loro piuttosto che al cliente adulto seduto difronte a me. Le
parti piccole sono sedute in terra, oppure rannicchiate sul divano, o davanti
alla porta dello studio pronte a scappare in caso di pericolo. Il loro aspetto
dipende dalle storie di vita dei miei clienti, da ciò che loro esprimono con lo
sguardo agghiacciato, oppure rabbioso, o timidamente rivolto verso il tappeto.
“Lei è una persona adulta e certamente sarà in grado di affrontare la
situazione, nello stesso tempo, percepisco una sua parte piccola, che parla attraverso
attraverso la sua voce, che è in serie difficoltà”, dico. Allora la cerco nella stanza e mi rivolgo
direttamente a lei, con delicatezza e rispetto, come sempre ho voluto fare con
i bambini che ho incontrato nella mia vita da adulta.
All’inizio
esprimo una mia sensazione: “quello così spaventato secondo me non è lei, ma
una sua parte piccola”. Oppure: “vedo che è così arrabbiato, ma secondo me non
è davvero lei che si sta arrabbiando in questo modo ma una parte piccola di lei”.
Chiedo di attribuire un’età a quella parte…mentre il mio cliente tenta di capire
quanti anni abbia, la visualizza nella sua testa, vi entra in contatto e questo
fa accadere delle cose che non sono sotto il controllo della razionalità, ma
sgorgano dall’inconscio. Si attualizzano delle memorie sotto forma di emozioni
e di immagini che riguardano il contesto esterno in cui gli eventi passati sono
accaduti… perché
questo processo si attui e prenda forma devo aver instaurato un rapporto di fiducia con il cliente.
Prima di
iniziare a fare questo lavoro è necessario che io speghi come funziona la
terapia centrata sulle parti e cosa ci auguriamo. Quando spiego, il cliente
sembra dimenticare il motivo per cui è venuto. Se è arrivato da me depresso o ansioso, per
esempio, nell'ascoltare si calma, mi guarda con interesse, la fronte leggermente aggrottata
nell'impegno di capire. Questa postura mi comunica che la persona è nel Sé che è
andato avanti con la vita normale, che la corteccia prefrontale mediale è
attiva, che le emozioni sono placate e il pensiero è lucido.
Quando
individuo il Sé che va avanti con la vita normale, lo presento al mio cliente: “Ecco questo è lei!” Mi piace riconoscerlo nel suo pieno
potere, capace e adeguato, soddisfatto di quello che fa. “questo è lei! Vede? È
in grado di pensare, di decidere, di lasciarsi andare, di portare avanti un
progetto, di prendersi cura di qualcuno, ecc. ecc.”
Non è
facile distinguere il Sé che va avanti con la vita normale dalle parti.
Ma perché le
parti sono così invadenti? Cosa succede? Il sé adulto si fonde e si confonde
con la parte. C’è una vera e propria identificazione. Una volta una persona a
me cara che era stata appena lasciata dalla moglie mi disse: “Lei è una
bambina!”. Io, che ne conoscevo l’età continuavo a ripete “ma che dici? È una
persona adulta!”. Avevamo entrambe ragione.
Come avviene
questa fusione. E come separare il Sé dalla parte?
Durante le sedute mi capita di percepire i contorni della persona adulta e di conoscerla per
quella che è. È bello poterla incontrare, constatarne l’esistenza e vederla
nelle sue vere sembianze. Alcuni sono frequentemente nel Sé adulto. Altri quasi
mai. I primi ci mettono poco a riconoscersi nel Sé di oggi.
Li invito a stare nella loro pelle, a respirare, ad allungare la colonna, a
sentire la calma che avvertono e la stabilità. Allora sento che è possibile fare il passo
successivo: incontrare le parti piccole.
Il lavoro
più complesso e difficile è quando la persona sperimenta la sua vita fusa nelle parti,
perché io non riesco a distinguere il suo Sé adulto, ma vedo solo la parte piccola. Potrebbe essere
pressappoco come incontrare qualcuno per la prima volta in mezzo alla nebbia,
oppure provare a metterne a fuoco il volto senza gli occhiali. Ci può volere
molto tempo prima che io riesca a dare delle fattezze al Sé che va avanti nella
vita di oggi. Quando accade è una grande emozione. Può succedere quando meno me
lo aspetto: il cliente mi racconta, senza farci caso, degli episodi in cui il
suo comportamento è stato efficace e adeguato: invece di perdere la calma, si è
rivolto al figlio disperato per consolarlo; ha risolto un problema all’amico in
difficoltà; ha affrontato con assertività il superiore che stava commettendo un
abuso.
È la stessa
persona che per giorni ha mostrato solo le sue insicurezze e ha detto di
sentirsi incapace a fare tutto. Attraverso il suo racconto ha confermato ciò
che Janina sostiene nel manuale: tutti abbiamo un Sé della vita che va avanti.
Basta solo cercarlo.
Una volta
riconosciuto il Sé della vita di Oggi, è tempo di fargli incontrare le parti
piccole. Di loro vi parlerò nel prossimo articolo.