martedì 13 dicembre 2022

 

 N. 9

Incontrare Il Sé che va avanti con la vita normale e le parti piccole del mio cliente.

 




Quando lavoro con i miei clienti e mi raccontano di certi stati d’animo o certi pensieri, mi capita di volgere il mio sguardo in basso sul tappeto. Lo faccio quasi senza rendermene conto…la mia immaginazione spontaneamente, si rivolge a bambini e ragazzini che vedo in atteggiamento sofferente o di difesa: chi accovacciato per terra, chi in cerca di una via di fuga, chi visibilmente scocciato e ostile.

Immagino al fianco del mio cliente adulto i bambini che è stato tanti anni fa, quelli che sono rimasti incagliati nel momento del trauma, bloccati nel loro terrore o nella vergogna bruciante oppure nel tentativo rabbioso di difendersi. Sono loro i bambini che Janina Fisher chiama “parti piccole”. Io assecondo la mia spontanea immaginazione che me li fa vedere proprio davanti a me e stimolo il cliente a fare altrettanto, di usare la sua immaginazione perché questa è un processo fisiologico che coinvolge e attiva molte aree del sistema nervoso. Immagino le parti piccole e creo un contatto empatico con loro nella speranza che così facendo il mio sistema nervoso si connetta con le aree del sistema nervoso del mio cliente che corrispondono a quelle parti piccole, cioè alle sue memorie traumatiche.

Nel parlare, mi rivolgo a loro piuttosto che al cliente adulto seduto difronte a me. Le parti piccole sono sedute in terra, oppure rannicchiate sul divano, o davanti alla porta dello studio pronte a scappare in caso di pericolo. Il loro aspetto dipende dalle storie di vita dei miei clienti, da ciò che loro esprimono con lo sguardo agghiacciato, oppure rabbioso, o timidamente rivolto verso il tappeto. “Lei è una persona adulta e certamente sarà in grado di affrontare la situazione, nello stesso tempo, percepisco una sua parte piccola, che parla attraverso attraverso la sua voce, che è in serie difficoltà”, dico. Allora la cerco nella stanza e mi rivolgo direttamente a lei, con delicatezza e rispetto, come sempre ho voluto fare con i bambini che ho incontrato nella mia vita da adulta.

All’inizio esprimo una mia sensazione: “quello così spaventato secondo me non è lei, ma una sua parte piccola”. Oppure: “vedo che è così arrabbiato, ma secondo me non è davvero lei che si sta arrabbiando in questo modo ma una parte piccola di lei”. Chiedo di attribuire un’età a quella parte…mentre il mio cliente tenta di capire quanti anni abbia, la visualizza nella sua testa, vi entra in contatto e questo fa accadere delle cose che non sono sotto il controllo della razionalità, ma sgorgano dall’inconscio. Si attualizzano delle memorie sotto forma di emozioni e di immagini che riguardano il contesto esterno in cui gli eventi passati sono accaduti… perché questo processo si attui e prenda forma devo aver instaurato un rapporto di fiducia con il cliente.

Prima di iniziare a fare questo lavoro è necessario che io speghi come funziona la terapia centrata sulle parti e cosa ci auguriamo. Quando spiego, il cliente sembra dimenticare il motivo per cui è venuto. Se è arrivato da me depresso o ansioso, per esempio, nell'ascoltare si calma, mi guarda con interesse, la fronte leggermente aggrottata nell'impegno di capire. Questa postura mi comunica che la persona è nel Sé che è andato avanti con la vita normale, che la corteccia prefrontale mediale è attiva, che le emozioni sono placate e il pensiero è lucido.

Quando individuo il Sé che va avanti con la vita normale, lo presento al mio cliente: “Ecco questo è lei!” Mi piace riconoscerlo nel suo pieno potere, capace e adeguato, soddisfatto di quello che fa. “questo è lei! Vede? È in grado di pensare, di decidere, di lasciarsi andare, di portare avanti un progetto, di prendersi cura di qualcuno, ecc. ecc.”

Non è facile distinguere il Sé che va avanti con la vita normale dalle parti.

Ma perché le parti sono così invadenti? Cosa succede? Il sé adulto si fonde e si confonde con la parte. C’è una vera e propria identificazione. Una volta una persona a me cara che era stata appena lasciata dalla moglie mi disse: “Lei è una bambina!”. Io, che ne conoscevo l’età continuavo a ripete “ma che dici? È una persona adulta!”. Avevamo entrambe ragione.

Come avviene questa fusione. E come separare il Sé dalla parte?

Durante le sedute mi capita di percepire i contorni della persona adulta e di conoscerla per quella che è. È bello poterla incontrare, constatarne l’esistenza e vederla nelle sue vere sembianze. Alcuni sono frequentemente nel Sé adulto. Altri quasi mai. I primi ci mettono poco a riconoscersi nel Sé di oggi. Li invito a stare nella loro pelle, a respirare, ad allungare la colonna, a sentire la calma che avvertono e la stabilità. Allora sento che è possibile fare il passo successivo: incontrare le parti piccole.

Il lavoro più complesso e difficile è quando la persona sperimenta la sua vita fusa nelle parti, perché io non riesco a distinguere il suo Sé adulto, ma vedo solo la parte piccola. Potrebbe essere pressappoco come incontrare qualcuno per la prima volta in mezzo alla nebbia, oppure provare a metterne a fuoco il volto senza gli occhiali. Ci può volere molto tempo prima che io riesca a dare delle fattezze al Sé che va avanti nella vita di oggi. Quando accade è una grande emozione. Può succedere quando meno me lo aspetto: il cliente mi racconta, senza farci caso, degli episodi in cui il suo comportamento è stato efficace e adeguato: invece di perdere la calma, si è rivolto al figlio disperato per consolarlo; ha risolto un problema all’amico in difficoltà; ha affrontato con assertività il superiore che stava commettendo un abuso.

È la stessa persona che per giorni ha mostrato solo le sue insicurezze e ha detto di sentirsi incapace a fare tutto. Attraverso il suo racconto ha confermato ciò che Janina sostiene nel manuale: tutti abbiamo un Sé della vita che va avanti. Basta solo cercarlo.

Una volta riconosciuto il Sé della vita di Oggi, è tempo di fargli incontrare le parti piccole.  Di loro vi parlerò nel prossimo articolo.

 

 

 

 

 




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