La coppia è una convenzione culturale delle società oppure
una necessità intrinseca alla psicologia umana? Ha una base universale?
Una cosa è certa, in tutte le società della terra gli esseri
umani tendono a vivere un certo periodo di tempo in coppia. Sembra che ognuno
ne tragga dei vantaggi, affettivi o materiali.
La coppia tuttavia può essere un ambiente pericoloso in certe situazioni particolari. Si possono creare degli incastri tra tipologie
di personalità che piuttosto che portare soddisfazione, provocano un malessere profondo
da cui può essere difficile liberarsi.
In alcune circostanze gli investimenti nella coppia diventano
dei legami indissolubili. Ognuno dei partner fa un progetto di vita che
riguarda l’impegno e il contributo dell’altro. Quando la coppia si scinde i
progetti comuni falliscono, sono destinati ad essere cancellati. Questo porta
un cambiamento traumatico dell’immagine di sé nel futuro che si esprime in una
vera e propria crisi d’identità.
Per questo molto spesso, se non ci sono dei
seri motivi che spingono alla separazione, coppie insoddisfatte preferiscono
restare unite. La visione del proprio futuro rischierebbe altrimenti di essere
distrutta dando la sensazione alla persona di non avere più una prospettiva.
L’identità personale inoltre può essere legata al ruolo sociale più
che al proprio essere interiore. Il valore di sé è dato dal ruolo di moglie/marito, di
madre/padre, di appartenente ad un certo nucleo familiare inserito esso stesso in un
tessuto sociale. La perdita dei ruoli potrebbe lasciare un vuoto desolante.
Personalità forti e sicure reggono lo shock ammortizzandolo,
per esempio chiudendosi in se stesse e auto rassicurandosi sul futuro,
tollerando il dolore della perdita senza che questo inondi tutte le aree della
propria vita. Oppure aprendosi alle persone care, socializzando i propri
sentimenti, confrontandosi con l’esterno. Personalità fragili, che hanno
sperimentato nella loro infanzia esperienze negative, restano aggrappate all’idea
di coppia più che alla coppia reale e percepiscono il dolore per la separazione come qualcosa di pericoloso
per la loro integrità.
In questi casi la coppia può innescare dei giochi simbiotici
che portano ad una escalation di sofferenza e la definizione dei ruoli di
carnefice e di vittima. Ruoli fissi o interscambiabili, in cui la violenza può
essere di natura psicologica o fisica.
Stiamo parlando di dipendenza affettiva, tema molto
trattato nei social, in tv, sui giornali, e che sempre più spesso sembra essere la causa di femminicidi
o familicidi.
La dipendenza è forte sia da parte del maltrattante che non
può rinunciare in nessun modo alla sua vittima, tanto da toglierle la vita in
casi estremi e togliersela lui stesso, sia da parte del maltrattato, che
subisce un dominio crescente a cui si piega gradualmente.
La dipendenza del maltrattante è data spesso da certi tratti
della sua personalità (cosìdetti narcisistici) in cui una patologia molto grave
porta ad affermare il proprio potere sull’altro per nutrire l’idea grandiosa di
sé, che passa anche attraverso l'annientamento della vittima.
Nel maltrattato la dipendenza è dovuta alla bassa
autostima. La svalutazione di sé stesso rende accettabile le umiliazioni. Le rende
comprensibili e giustificabili.
Mentre la cura della personalità narcisistica è più
difficile da attuare perché difficilmente si ha consapevolezza del proprio disagio (piuttosto si tende a colpevolizzare l’altro), la personalità debole può beneficiare
di un supporto psicologico adeguato e del sostegno di un gruppo di autoaiuto, per recuperare o sviluppare ex novo il senso del proprio valore personale, recuperare la dignità e il rispetto di sé necessari per liberarsi definitivamente dalla dipendenza affettiva.
Simona Marzano
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