venerdì 16 settembre 2022




 

N.2

I traumi e la frammentazione del Sé.


La Psicologia (dialogo sulla psiche) descrive ciò che tutti sappiamo: un po’ come spiegare la figura umana, che anche se non abbiamo uno specchio basta guardare un’altra persona, e un’altra, e un’altra ancora e poi riconoscere cosa abbiamo in comune…la pelle, gli organi interni, una colonna vertebrale anche se con cifosi o scoliosi o lordosi diverse…siamo tutti uguali e diversi nella similarità.

Di solito, quando parlo di psicologia, mi riesce di farlo in modo chiaro anche per un bambino perché quello di cui parlo è ciò che anche lui sente, pensa, fa. E se lo può capire un bambino lo possono comprendere anche i grandi. Ma parlare è più facile, c’è la voce e lo sguardo e con il corpo si può far vivere anche quello che non è immanente, passato o futuro che sia. Affabulare è mettere le cose negli occhi, creare melodia nelle parole, ritmo, gioco e vivacità, è afferrare l’attenzione di chi ascolta mentre si emoziona. Pare che l’intero sistema nervoso, dal centro del cervello superiore alle estreme periferie nervose, si attivi e si sintonizzi creando un contatto tra chi parla e chi ascolta.

Scrivere è un’altra cosa, non c’è ora chi legge e non ci sarò io quando avrò smesso di scrivere e verrò letta. Le parole scritte seguono altre leggi in cui il corpo e la presenza si dispiegano in modi misteriosi e imprevedibili. Ci provo. Vediamo cosa riesco a fare.

Il primo scopo di questo e dei futuri articoli è la diffusione del modello psicoterapeutico di Janina Fisher ai non addetti ai lavori. Ho consigliato il suo libro, Guarire la frammentazione del Sé, ai miei clienti, ma lo hanno trovato un po’ tecnico e in alcune parti duro da leggere. Janina spiega come i traumi infantili producano la frammentazione del Sé che è alla base della infelicità delle persone adulte e delle loro difficoltà relazionali e di adattamento alla vita. Ma cosa sono i traumi?

Negli ultimi anni gli psicologi parlano molto di trauma. Credo lo facciano anche ortopedici, osteopati, fisiatri, ecc. I traumi sono scritti sul nostro corpo e restano a testimoniare delle storie. Sto parlando di quella volta che sei andato ad urtare alla gamba del tavolo con il piede nudo. L’ultimo dito del piede ha avvertito un dolore lancinante che ti è arrivato in gola e hai urlato, poi si è gonfiato ed è diventato tutto rosso. Per un po’ non hai camminato. Poi è passato. È PASSATO. Qualche giorno dopo neanche te lo ricordavi più. Eppure, dopo tanti anni, quando urti quel dito da qualche parte vedi le stelle, allora sì che te lo ricordi di quella prima volta.

Nulla si cancella completamente. Tutto conserva una memoria. L’iridologo ti legge il passato guardando un solo tuo occhio. L’osteopata, toccandoti, sa che ti sei fratturato un braccio, che ti hanno tolto una sedia da dietro e sei finito in un botto seduto sul pavimento.

Anche una ferita è un trauma. Di quella resta la cicatrice e più ne hai e più puoi andarne fiera, dicevo a mia figlia quando era piccola, ogni cicatrice un trofeo di esperienze di vita, in cui il dolore vissuto e superato rappresenta il sapore, il valore, il senso di ciò che è accaduto.

Insomma, i traumi sono rotture, ferite, privazioni, ecc.

Come pensare di vivere senza traumi! Ma ci sono traumi e traumi.

E ci sono i traumi psicologici, quelli che vanno a colpire il sistema nervoso e generano delle reazioni che le neuroscienze stanno studiano da un ventennio e finalmente stanno misurandone l’entità e le conseguenze. Spesso nefaste.

Il nostro sistema nervoso si attiva, secerne ormoni, si modifica e crea reazioni, si spegne e rallenta. Noi sentiamo il cuore battere più velocemente o il respiro bloccarsi quando abbiamo paura, avvertiamo tensioni o vampate di calore a seconda dello stato emotivo, sudiamo se in ansia, sbadigliamo se annoiati…l’eloquio accelera come il nostro pensiero quando ci eccitiamo oppure la gola si secca e gli occhi si sbarrano se il panico si impossessa di noi. Il sistema simpatico si attiva, oppure il parasimpatico…ci viene mal di pancia per l’ansia e corriamo al gabinetto.

Siamo animali con un’anima rettile (tipo il fil di ferro che si mette nei pupi di cartapesta), con una consistenza mammifera fatta di istinti ed emozioni e con un cappello primate capace di pensieri razionali. Il nostro corpo intero è traumatizzato quando vive uno shock, uno stress prolungato,  una umiliazione o una grave perdita. I traumi sono tanti e di innumerevoli tipi e restano tutti nella memoria del corpo.

Quelli di cui parlerò sono i traumi dell'attaccamento e dell'educazione violenta.

In alcuni ambienti sociali del nostro occidente, l’educazione è diventata non violenta (qualcuno già conosce la comunicazione non violenta e le sue regole). Non sappiamo ancora esattamente le conseguenze di questo tipo di educazione. Si potrebbe saperne qualcosa attraverso comparazioni antropologiche oppure attraverso follow up di effetti osservabili nel tempo quando i bambini cresciuti con l’educazione non violenta saranno adulti. Eppure l’educazione violenta è ancora molto frequente e ottiene degli effetti a breve termine  di controllo sul comportamento infantile che ne rafforzano l’uso tra i genitori e gli adulti educanti. La violenza può essere fisica, verbale, ecc. ecc.

Ancora oggi in molte famiglie l'educazione e il controllo del comportamento si ottiene attraverso dei sistemi di costrizione fisica e psicologica. In un ambiente pieno di pericoli o che richiede uno stile di condotta molto rigido per essere accolti dal gruppo, è necessario imporre delle regole che abbiano la massima probabilità di essere rispettate. L'educazione violenta (traumatica) riesce a garantire ubbidienza, sottomissione, rigore, e quindi a seconda dei casi la sopravvivenza o l'approvazione sociale.

In un ambiente pericoloso il rischio maggiore è rappresentato dalla perdita della vita, oppure dal restare feriti gravemente. L'educazione traumatica (violenta), avrebbe dunque lo scopo di salvare la vita in una società pericolosa, facendo pagare però un costo molto elevato, perché la psiche del bambino e il suo sistema nervoso sono costretti ad organizzarsi per sopravvivere al trauma stesso e andare avanti. Le tracce di questi traumi sono indelebili e sottovalutate, perché questo adattamento creativo e intelligente del bambino traumatizzato crea, ad opera d'arte,  la personalità dell'adulto che diventerà crescendo. E quell'adulto potrà avere una parvenza di persona felice e realizzata.

Quindi, il discorso sugli effetti dei traumi non riguarda solo coloro che sono stati vittime di gravi violenze e abusi, ma riguarda anche quelli che hanno vissuto in un ambiente educante che, in buona fede, ha inferto loro dei traumi. Questo spiegherebbe come mai persone che non possono dire di avere subito degli abusi, poi, però, hanno comunque un Sé frammentato, che porta dolore, frustrazione, mal di vivere.

Dalla preistoria ai giorni nostri l'umanità ha generato adulti che da piccoli sono sopravvissuti a traumi psicologici e questa condizione è stata da sempre la normalità. Sino ad oggi.

martedì 13 settembre 2022

numero 1 La rinascita del Blog.






I miei articoli sono per la mia famiglia, per i miei amici, per i miei clienti e per tutte le persone che sono interessate, come me, al benessere personale.

Avvicinandomi alla soglia dei 60 anni, comincio a sentire il desiderio di condividere quello che ho imparato sino ad ora. Ho studiato, ho messo in pratica e ho capito cose che all’inizio mi hanno folgorato (mi sentivo illuminata, invece ne ero accecata) ma poi, finalmente, è arrivata l’ombra che ha dato i contorni reali alle cose, facendomele vedere per quello che erano.

Con il trascorrere degli anni ho scoperto il piacere di "sentirmi cresciuta", con una nuova capienza, uno spazio dentro di me disponibile a nuove scoperte.

Nello studio in cui lavoro come psicoterapeuta (che potete vedere in alcune foto del sito) incontro i miei pazienti. Nel mio studio lavoro, appunto. Faccio quello che posso, quello che ho imparato a fare a scuola e quello che la vita mi ha insegnato. Però, sento il bisogno di comunicare oltre quello spazio e quella modalità. 

Credo che questo accada a chi intraprende un percorso di vita volto a stare bene e a far stare bene gli altri, cioè a migliorare un sistema più grande di cui ci si sente parte, dove ognuno fa il suo.

Per connettermi con il mondo ho deciso di scrivere articoli.

La Psicoterapia, per cui vengo pagata, e che è il mio lavoro, è un’altra cosa. Scrivere questi articoli non è un lavoro, è una mia necessità. Quindi ringrazio già da ora chi li vorrà leggere e vorrà dirmi cosa ne pensa.

I temi che vorrei trattare riguardano

·        il manuale di Janina Fisher, guarire la frammentazione del Sé;
·        l’ascolto e la comunicazione efficace con i bambini;
·        il metodo della terapia dialettico comportamentale per gli adulti che si relazionano con gli adolescenti;
·        la mediazione familiare che fa crescere la coppia genitoriale anche dopo la separazione.

Invierò il link degli articoli alle persone che immagino essere interessate a questi argomenti, con la richiesta di leggerli sino in fondo solo se li trovano interessanti e utili. In questo caso mi aspetto che li inviino a loro volta a persone di propria conoscenza.

I testi da cui traggo spunto sono stati scritti dai loro autori per un lettore professionista e potrebbero risultare difficili da comprendere ai non addetti ai lavori. Io cerco di tradurre in un linguaggio semplice quello che loro trasmettono, perché mi sembra che ce ne sia bisogno. Il manuale di Janina Fisher spiega come interpretare il malessere psicologico e come trattarlo. Gordon e la DBT insegnano a comunicare correttamente con i bambini e con gli adolescenti e la Mediazione familiare aiuta i genitori a fare meno male possibile ai loro figli durante e dopo la separazione.

Queste nuove conoscenze vorrei alleviassero paure e rendessero più consapevoli della possibilità di incidere sulla propria vita. Ci sono dolori inevitabili e problemi concreti che si incontrano durante il nostro cammino. La vita non è sempre serena. Per questo motivo trovo ingiusto che si soffra anche quando in realtà le cose vanno bene. Eppure, è così. Spesso il dolore arriva da dentro e altre volte ce lo procuriamo da soli, senza saperlo.

Ci sono svariati modi per vivere più serenamente e curare le proprie ferite interiori, c’è ad esempio la religione e la spiritualità in generale, lo sport, il volontariato o l’impegno politico. Le psicoterapie sono un percorso di cura impegnativo e costoso in cui un’altra persona, preparata a farlo, introduce il cliente a visioni che portano verso il cambiamento. La psicoterapia può essere molto potente.

I miei articoli non tolgono nulla alla psicoterapia, anzi ne parlano volentieri. Non vogliono sostituirsi all’esperienza concreta, ma possono aiutare a comprendere quello che io stessa ho compreso, con infinito piacere, sulla psicologia umana.

Questa comprensione vorrei generasse nel lettore la capacità di scegliere tra le diverse alternative di vita e di cura. Vorrei offrisse una bussola e una mappa a chi naviga nel mare aperto e ha perso i riferimenti o non li ha mai avuti.

Mi piacerebbe incuriosire, divertire o entusiasmare.

Ovviamente il contenuto di questi articoli è prima di tutto la MIA visione della psicologia e della psicoterapia. Parlano anche molto di me, lo ammetto.

Qualcuno potrebbe detestare quello che dico o semplicemente non condividerlo. Ma io spero che qualcun altro possa incrociare il suo sguardo con il mio e riconoscersi nelle mie parole come io mi sono riconosciuta in quelle degli autori da cui traggo insegnamento e di cui scrivo. Io senza di loro non sarei quello che sono ora, e per sempre li ringrazio, perché hanno saputo usare gli argomenti giusti per me, le parole giuste per me, e svelare quello che nel mio cuore io già sentivo come vero, senza saperlo esprimere.

Loro hanno generato una connessione con me attraverso i loro libri, che ha liberato la mia coscienza. Io spero di fare altrettanto: di raccontare qualcosa che sia acqua su un seme interiore, che lo aiuti a germogliare, a crescere, a fiorire e dare frutti. Per rendere la vita più bella.

 

 

lunedì 15 febbraio 2016

La famiglia dell'adolescente.




di Loredana Armentoco-conduttrice insieme a Simona Marzano nel Corso per Genitori.
Psicologa, psicoterapeuta, esperta in sostegno alla genitorialità, Consulente Tecnico di Ufficio del Tribunale per i Minorenni di Roma e del Tribunale Civile di Roma.




La famiglia, oltre la scuola e gli insegnanti, è protagonista, insieme all'adolescente, del processo evolutivo equilibrato dello stesso.
Nel periodo adolescenziale il sistema familiare è mosso da due forze antagoni­ste: una forza spinge verso l'esterno, promovendo l'autonomia, l'indipendenza e la differenziazione dei singoli membri, un'altra muove verso l'interno in dire­zione dell'appartenenza e del rafforzamento dei legami di dipendenza. Il processo di separazione interessa entrambi i versanti, riguarda cioè non solo l'adolescente, ma anche i genitori: anch'essi infatti devono separarsi dai figli, accettare che diventino adulti e aiutarli nel loro processo di emancipazione. Inoltre, il modo con cui i genitori vivono questo distacco è destinato ad avere effetti rilevanti sul processo di crescita e di autonomia dei figli stessi. La qualità delle relazioni familiari è cruciale nel determinare la competenza e la fiducia con cui gli adolescenti affrontano il pe­riodo di transizione dall'infanzia all'età adulta. Secondo alcuni pedagogisti l'atteggiamento più adeguato dei genitori per far fronte all'adolescenza dei figli è quello di prote­zione flessibile, ovvero favorire l'autonomia consentendo di "far ritorno" nel nucleo familiare per confrontarsi, per elaborare le esperienze e per ricevere dai genitori delle indicazioni valide che lo aiuteranno nelle scelte future. Il conflitto tra genitori e figli è un aspetto del confronto delle proprie idee con quelle altrui. È infatti attraverso il conflitto, che spesso non verte su questioni fondamentali, bensì su aspetti meno rilevanti, quali il modo di vestirsi, le attivi­tà del tempo libero, lo studio, gli orari di rientro, che l'adolescente ha la possi­bilità di esercitare alcune fondamentali abilità sociali,quali la capacità di co­municazione, l'ascolto, la negoziazione di punti di vista differenti e le diverse strategie di risoluzione.
Il conflitto, se ben espresso e non sminuito, ha un ruolo costruttivo nell'evolu­zione dell'adolescente, è un'occasione di paragone e di crescita che non esclu­de affatto la presenza di stima e affetto reciproco, anzi ne valorizza la coesi­stenza e l'interdipendenza.
Diversamente, nelle famiglie in cui sono presenti gravi forme di disagio si ri­scontrano più frequentemente svantaggio economico, basso livello di istruzio­ne dei genitori, disoccupazione o occupazione precaria dei genitori, isolamen­to relazionale nel contesto urbano della famiglia, coppia genitoriale conflittua­le, assenza o carenza del ruolo educativo e normativo da parte dei genitori, co­municazione violenta o incoerente o ambivalente di uno o di entrambi i geni­tori nei confronti dei figli. È bene evidenziare che non è la presenza di una o di alcune di queste caratteri­stiche a determinare il disagio dell'adolescente, quanto piuttosto la copresenza di pesanti fattori di rischio sia personali che ambientali, quali ad esempio il grado di relazioni goduto dal giovane, il suo isolamento affettivo, la sua solitu­dine, il rapporto tra aspettative e risposte ottenute in famiglia, a scuola, nel quartiere. 
II punto di vista del genitore

Lo stile genitoriale che meglio soddisfa le esigenze di crescita dell'individuo è quello autorevole, viene distinto da quello autoritario e da quello lassista.
Stile autoritario: viene scoraggiato il tentativo del figlio di comprendere le ra­gioni delle richieste dei genitori, sono frequenti minacce o punizioni, con il ri­sultato di formare o un individuo intimidito o un individuo ribelle.
Stile lassista o permissivo: viene permesso che il bambino faccia e abbia tutto quello che desidera, a patto che non crei fastidio ai genitori. Attraverso questo modello, in cui non si presta attenzione a fornire principi e figure di riferimen­to, si educa il soggetto all'insicurezza, all'ansia e/o all'incompetenza nell' affontare l'ambiente.
Stile autorevole: i genitori autorevoli sono presenti nella vita del figlio, hanno capacità comunicative verbali e non verbali per trasmettere sicurezza e appro­vazione e nutrono nel figlio aspettative realistiche che questo può sicuramente soddisfare. Questi genitori accettano il proprio ruolo di autorità e per questo richiedono, e vogliono che si rispettino, norme e limiti. Tuttavia il loro poten­ziale formativo è proprio nel fatto di spiegare «continuamente le ragioni sotte­se alle proprie richieste».
Stile autorevole si compone di quattro dimensioni: il controllo, la comunicazio­ne, le richieste di maturazione e la qualità delle cure.

SI
Monitorare attività e relazioni del giovane
Comunicare le proprie richieste in maniera motivata, “ti chiedo di rientrare alle 23 affinchè tu possa stare con i tuoi amici e allo stesso tempo tu possa dormire a sufficienza per non avere sonno domani”.
Chiedere adeguatamente di rispettare le regole, specificare che vi saranno conseguenze se si trasgredirà
Mostrare comportamenti affettuosi e di vicinanza psicologica
NO
Gestire in modo invadente e manipolativo attività e relazioni del giovane, in base a propri gusti o interessi
Dare punizioni o restrizioni immotivate, “ oggi ho deciso che non esci con i tuoi amici, è così e basta!”
Permettere trasgressioni a regole e norme
Svalorizzare espressione di emozioni, “ non piangere, sembri un bambino!”
Inibire la curiosità a causa di timori propri




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